top

Ciana Pietro

  /  Pubblicazioni   /  Giuliana, imprenditrice dietro il tornio.
ciana-pietro_homepage_news_intervista-di-La-Stampa-Giuliana,-imprenditrice-dietro-il-tornio-3_2018

Giuliana, imprenditrice dietro il tornio.

Lo sapevi che in Italia, per quanto riguarda il settore metalmeccanico, solo il 20% degli occupati è donna e solo il 10% sono dirigenti?

Non da noi!

Questo dato è degno di nota, tanto da far sì che Giuliana, titolare dell’azienda, abbia avuto un articolo dedicato al suo lavoro e alla sua passione.

Nessun lavoro è femminile o maschile, tutti possono fare il lavoro dei sogni!

Realizza oggetti per il settore alberghiero: <<Non ho paura di sporcarmi le mani.>> Giuliana, imprenditrice dietro il tornio. A Ornavasso conduce l’azienda di famiglia “All’ufficio preferisco la fabbrica.”

Intervista di Arianna Tomola per La Stampa.

Non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani, né da adolescente quando trascorreva i pomeriggi ad affiancare il padre, tantomeno ora che si ritrova a mandare avanti la sua fabbrica di metalli, attiva nella produzione di articoli da bar e per il settore alberghiero. Giuliana Ciana, 32 anni di Ornavasso, titolare dell’impresa artigianale Ciana Pietro, è una di quelle donne che non si è mai vergognata di mostrarsi con qualche macchia di grasso. E se pensando alla figura di un’imprenditrice la si immagina in camicia e tailleur, con unghie laccate e ciglia allungate, ci si sbaglia di grosso. Anzi, fino a quando era in vita il padre (scomparso due anni fa), spesso la si incrociava alla guida del furgone a fare le consegne. Ora l’Iveco blu riesce a guidarlo poco, solo quando tutte le altre incombenze glielo permettono. “A me non è mai piaciuta l’idea di stare ferma o di rinchiudermi in ufficio – ammette – sin da quando andavo a scuola trascorrevo i pomeriggi in fabbrica, facevo i corsi per imparare a usare i programmi collegati ai macchinari laser: mio padre aveva un carattere forte, ma anche io sono testarda e così l’ho sempre presa come una sfida”. Seppur la Ciana Pietro sia una realtà medio-piccola con tre soci e cinque dipendenti, per sopravvivere è dovuta rimanere al passo coi tempi, anche quando la tecnologia ha preso il sopravvento sulla manualità. E così sono arrivate le macchine laser e i torni meccanici a controllo numerico, che lei stessa programma e adopera. Oggi tuttavia, ancor più di prima, si deve dividere tra le scartoffie, supportata da mamma Angela, e le richieste dei clienti, prima di prendere una boccata d’ossigeno in officina. Ma grazie al lavoro ha conosciuto Umberto, suo marito, con cui riesce a spartire qualche responsabilità. “Ho avuto la fortuna di trovare una persona come me – racconta Giuliana – lui lavorava già in questo settore, conosceva le problematiche dell’acciaio ed è quattro anni che è qui con noi: ha avuto modo di apprendere le basi del lavoro e ora posso delegare qualcosa a lui. Io programmo la produzione, ma quando non ho tempo è lui a gestire l’avviamento alle macchine”. E nei ritagli di tempo la giovane imprenditrice pensa al marketing, per far arrivare i secchielli per il vino, gli shaker, o i posacenere in tutta Europa. “Ma io non punto a diventare una grande industria – precisa – a me interessa far capire che nonostante siamo artigiani, siamo in grado di fornire articoli che difficilmente la grande industria è in grado di produrre. Mi riferisco alla qualità: riusciamo a gestire piccoli quantitativi ma anche grandi, mantenendo elevato lo standard e conservando il made in Italy”. Il suo sogno è racchiuso tutto dentro il nuovo showroom, con un bancone da bar in centro alla scena, che lei stessa ha provveduto a restaurare con mola a disco e vernice. L’ha inaugurato proprio a febbraio. “Spero di riuscire a portare avanti l’attività ancora almeno altri cinquant’anni – conclude – nel 1960 mio padre è partito in un buco, ora ci siamo ingranditi (la superficie è di circa duemila metri quadri), ma non ho sogni di grandezza, soltanto la voglia e la determinazione di mantenere tutto questo. Venire in fabbrica mi ha sempre messo pace, sin da quando ero bambina. Nessuno mi ha imposto questa scelta, la mia famiglia ha sempre lasciato me e mia sorella Maria (che ha un altro lavoro ndr) libere di scegliere. Al mattino quando mi sveglio non ho mai pensato “che barba devo andare in fabbrica”, il mio lavoro mi rende felice”.